Immigrazione, integrazione nel mercato del lavoro e salari

Si parla tanto di integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro, definiamo cos’è e come si misura.

Una volta entrati nel paese di destinazione, gli immigrati devono potersi integrare nella società e nell’economia. Ci interessa per due fattori. Il primo riguarda il benessere della stessa popolazione immigrata, che deve poter aspirare ad una vita dignitosa anche nel paese di destinazione, il secondo riguarda la popolazione nativa, perché l’immigrazione ha conseguenze anche sul loro benessere. Da economisti, la prima domanda che ci poniamo è come misurare l’integrazione degli immigrati. In questa breve spiegazione ci focalizzeremo sull’integrazione nel mercato del lavoro nel paese ospite.

Partiamo dalla misura più semplice di integrazione nel mercato del lavoro: la differenza di salario medio tra nativi e immigrati. Se questa differenza è positiva, significa che il salario medio dei nativi è maggiore di quello degli immigrati. Questa semplice differenza è incondizionata, cioè non dipende dalle diverse caratteristiche e competenze (i.e. istruzione, genere, esperienza nel mercato del lavoro) dei due gruppi: gli immigrati in media potrebbero avere un salario minore, perché più giovani e/o perché hanno un livello di istruzione più basso rispetto ai nativi. Questo significa che stiamo prendendo la differenza di salari medi tra gruppi senza prendere in considerazione le differenze sociodemografiche tra i due gruppi e quindi paragonando due gruppi della popolazione che non sono paragonabili perché diversi. L’esistenza di differenze nelle caratteristiche potrebbe invece spiegare, in parte, perché gli immigrati hanno salari minori rispetto ai nativi.

Gli economisti utilizzano tecniche econometriche di analisi dei dati per cercare di rendere immigrati e nativi il più paragonabili possibile dal punto di vista delle caratteristiche. Con queste tecniche, si riesce a misurare un differenziale salariale “come se” i due gruppi fossero simili. Questa differenza risulta quindi una differenza più “onesta”, perché paragona immigrati e nativi a parità di caratteristiche, e viene detta condizionata alle caratteristiche osservabili. La differenza condizionata può rimanere simile alla differenza incondizionata, azzerarsi o addirittura diventare negativa. E perché? Perché continuano ad esserci queste differenze anche se teniamo costanti le caratteristiche degli individui? A causa del funzionamento del mercato in quanto imperfetto. Nel caso in cui questa differenza rimanga positiva, l’interpretazione che viene data dagli economisti è che a parità di caratteristiche tra immigrati e nativi, ci sono altri fattori, spesso non osservabili (i.e. istituzioni, cultura, discriminazione), per cui il salario degli immigrati è più basso di quello dei nativi. Se la differenza condizionata è pari a zero immigrati e nativi hanno salari diversi perché hanno caratteristiche diverse e, una volta che questa differenza nelle caratteristiche è presa in considerazione, le differenze di salario si annullano. Infine, se la differenza condizionata diventa negativa, vuol dire che le caratteristiche degli immigrati sono “migliori” dal punto di vista del mercato del lavoro, gli immigrati dovrebbero essere pagati salari più alti ma per fattori non osservabili hanno salari più bassi.

Questo tipo di analisi dei dati è molto utile a capire quali fattori contribuiscono maggiormente all’integrazione del mercato del lavoro, per esempio potremmo scoprire che l’istruzione ottenuta in un altro paese conta meno rispetto a quella italiana oppure che invece il periodo di tempo passato nel paese di destinazione è una determinante molto importante. Prendiamo per esempio due persone immigrate con entrambe lo stesso livello di istruzione (diploma di scuola superiore) e la stessa età (35 anni), ma entrati nel paese di destinazione in periodi diversi. L’immigrato arrivato da più tempo sarà più integrato nel paese di destinazione, semplicemente perché avrà avuto più tempo per imparare la lingua, come funzionano le istituzioni, incluso per esempio il funzionamento del mercato del lavoro. Avendo quindi maturato queste conoscenze aggiuntive, riuscirà a contrattare uno stipendio più alto.

Possiamo quindi calcolare dopo quanti anni un immigrato avrà un salario pari a quello di un nativo che ha competenze simili? La risposta è sì, e con questo calcolo otteniamo la misura della velocità di integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro. La velocità dipenderà dal tasso di crescita dei salari nei due gruppi. Bisogna però prima spiegare che gli immigrati di solito quando entrano nel paese hanno salari più bassi dei nativi, benché abbiamo competenze simili, e quindi soffrono di una penalità iniziale. Questa penalità si elimina dopo un certo periodo di tempo, perché i salari degli immigrati crescono più velocemente rispetto a quelli dei nativi. L’esistenza di un processo di integrazione vuol dire proprio questo: la possibilità di acquisire competenze specifiche e importanti per il mercato del lavoro nel paese di destinazione, competenze che vanno a completare quelle generiche acquisite nel paese di origine, per esempio l’istruzione. Durante questo processo di integrazione, gli immigrati hanno quindi la possibilità di trasferire le competenze più generiche affinché possano essere utilizzate e valorizzate nel paese di destinazione. Mentre l’acquisizione di competenze specifiche è necessaria per inserirsi in modo corretto nel mercato del lavoro e può avvenire anche attraverso il supporto di istituzioni locali, i.e. corsi di lingua. Più veloce l’acquisizione di competenze specifiche, più veloce l’integrazione.

Prendiamo l’esempio proposto in Tabella 1. Nel periodo 0 gli immigrati arrivano nel paese e hanno uno stipendio orario inferiore a quello dei nativi. I primi guadagnano 7€ all’ora mentre i secondi guadagnano 10€ all’ora. Il salario dei nativi è quasi 1 volta e mezza quello degli immigrati. I salari di entrambi i gruppi crescono ma il tasso di crescita è maggiore per gli immigrati (10% l’anno) rispetto ai nativi (5%). Il differenziale nel tasso di crescita dei salari tra nativi e immigrati nei primi anni passati nel paese è riscontrabile anche nella realtà, quindi è un’ipotesi molto realistica. Se il tasso di crescita rimane costante nel tempo, per esempio non ci sono shock all’economia, dopo 8 anni di residenza del paese, gli immigrati riescono a raggiungere e superare il livello dei salari dei nativi.

Tabella 1: Esempio integrazione salariale

 

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Immigrati

€ 7.00

€ 7.70

€ 8.47

€ 9.32

€ 10.25

€ 11.27

€ 12.40

€ 13.64

€ 15.01

€ 16.51

Nativi

€ 10.00

€ 10.50

€ 11.03

€ 11.58

€ 12.16

€ 12.76

€ 13.40

€ 14.07

€ 14.77

€ 15.51

Un’analisi simile può essere fatta anche rispetto al tasso di occupazione, misurato come quante persone lavorano in percentuale della popolazione in età lavorativa. I dati mostrano che il tasso di occupazione è minore per gli immigrati quando sono appena arrivati e diventa più simile tra immigrati e nativi all’aumentare del numero di anni passati nel paese di destinazione.

L’integrazione nel mercato del lavoro del paese di destinazione può variare anche in base a fattori istituzionali. Un recente studio del Migration Observatory del Centro Studi Luca d’Agliano [I] ha mostrato come i tassi di occupazione degli immigrati che arrivano da altri paesi europei fossero da subito simili ai tassi di occupazione della popolazione nativa mentre quelli degli immigrati extra-europei fossero minori rispetto a quelli dei nativi, anche a parità di altre caratteristiche: gli immigrati europei facendo parte dello spazio Schengen godono di diritti di accesso al mercato del lavoro più favorevoli [II] rispetto agli immigrati non comunitari e questi diritti facilitano la loro integrazione sul mercato del lavoro, aumentando la probabilità di essere occupati.

Bottom line

  • L’integrazione sul mercato del lavoro di solito si misura in termini di differenze salariali tra immigrati e nativi.
  • Gli immigrati durante i primi anni di residenza nel paese di destinazione tendono ad avere salari più bassi in media, anche avendo in alcuni casi caratteristiche simili a quelle dei nativi.
  • Queste differenze diminuiscono con gli anni passati nel paese di destinazione, e in alcuni casi si annullano, se avviene il processo di integrazione tramite il quale gli immigrati possono acquisire competenze necessario per lavorare nel nuovo paese.

Referenze

[I] Frattini Tommaso, Solmone, Irene (2022), 6th Migration Observatory Report, Immigrant Integration in Europe https://dagliano.unimi.it/wp-content/uploads/2022/09/Obs_Mig_6_Annual_Report.pdf

[II] Non hanno bisogno di permessi di soggiorno. Questa differenza riduce alcuni costi, per esempio quelli legati alla burocrazia di un visto, e ne facilita l’assunzione.

Cosa ne pensi dei nostri contenuti?

La tua opinione è importante.

Di seguito puoi trovare un breve questionario per aiutarci a fornire contenuti informativi sempre più completi.