Ma quanti immigrati ci sono in Italia?
Alcuni sondaggi condotti prima delle elezioni americane del 2024 mostrano come, tra le preoccupazioni maggiori dei cittadini statunitensi, l’immigrazione risulti la seconda. In Italia sembra essere lo stesso. Il dibattito politico sul tema immigrazione è molto diffuso e, ahimè, assai strumentalizzato. Perché? Perché è un argomento semplice, visibile e che sembra essere risolvibile con atti esemplari. Per i cittadini italiani, per esempio, è un fenomeno recente e per questo, non sapendone abbastanza ne hanno paura. In un sondaggio del 2018 in molti paesi europei tra cui l’Italia, emerge che i cittadini siano convinti che la percentuale di immigrati nella popolazione sia molto più alta di quello che invece è realmente. Infatti, proprio alla domanda suquale sia la percentuale di immigrati nella popolazione italiana, gli italiani rispondono che sia in media il 26%. I dati ufficiali mostrano però cifre molto più basse: nel 2020 la percentuale di immigrati nella popolazione italiana è l’8,7%. Questo significa che ogni 100 persone che vivono in Italia, circa 9 sono immigrate. Le persone che hanno risposto al sondaggio inoltre tendono a sovrastimare la quota di immigrati mussulmani, in particolare delle persone che arrivano dal Nordafrica e dal Medio Oriente.
Lo studio mostra quindi che il fenomeno migratorio è percepito in modo molto diverso ma anche più grave di quella che è in realtà. Inoltre, lo stesso studio fa emergere come non solo la numerosità degli immigrati sia percepita in modo non corretto ma anche le caratteristiche degli immigrati in termini di età, livello di istruzione e genere sono diverse da quelle reali: gli intervistati sono convinti che gli immigrati siano meno istruiti, più poveri, abbiano una maggior probabilità di essere disoccupati e di vivere con aiuti statali rispetto a quello che è la realtà.
E’ necessario quindi fare chiarezza, non solo capendo la portata del fenomeno ma anche gli effetti che l’immigrazione ha sull’economia italiana, sul mercato del lavoro e sul sistema di welfare. Fare chiarezza è fondamentale sia per gestire le paure e preoccupazioni che i cittadini hanno sull’immigrazione sia per avere gli strumenti giusti per capire quali siano le politiche necessarie per facilitare l’integrazione della popolazione immigrata nel mercato del lavoro e nella nostra società in generale. Iniziamo con alcuni fatti.
Da dove arrivano gli immigrati che entrano in Italia?
Per capire meglio le statistiche sull’immigrazione dobbiamo definire i concetti di stock e flusso. Lo stock è il numero di persone che risiedono in un paese (l’Italia nel nostro caso) diverso da quello di origine indipendentemente da quando sono arrivati, mentre i flussi considerano un periodo temporale (per esempio un anno) e identificano il numero di nuovi arrivi al netto delle partenze durante quel periodo. In Italia, la stock degli immigrati è principalmente di origine rumena (1 milione di persone), albanese (421,000) e marocchina (414,000), mentre i flussi, cioè i nuovi arrivi, cambiano nel tempo seguendo anche fattori esterni, per esempio le variazioni geopolitiche. I flussi tra il 2020 e il 2021 in Italia hanno visto una diminuzione dell’entrata degli immigrati rumeni, ed un aumento degli immigrati cinesi che quindi pur non essendo la popolazione immigrata più numerosa, sono quella con i flussi in entrata più alti degli ultimi anni.
Più donne o più uomini?
Lo stock di immigrati donne e di immigrati uomini è molto simile in Italia, così come in molti altri paesi. Vi sono però delle differenze interessanti se si entra nel dettaglio dei paesi di origine: l’immigrazione dall’Ucraina, Brasile e Turchia è prevalentemente femminile mentre l’immigrazione dal Bangladesh, Pakistan, Senegal e Argentina è prevalentemente maschile.
Perché? Vi sono svariate ragioni: fattori socioculturali del paese di origine ma anche la domanda di lavoro in determinate occupazioni in Italia, o semplicemente accordi bilaterali tra l’Italia e il paese di origine per incentivare un tipo di immigrazione con determinate caratteristiche.
Gli immigrati sono più giovani degli italiani?
Gli immigrati sono più giovani della popolazione nativa: hanno in media 36 anni di età, 10 anni in meno rispetto ai nativi, che hanno in media 46 anni. La fascia di età più numerosa tra gli immigrati è quelle tra i 30 e 39 anni.
Dove vivono gli immigrati in Italia?
In Italia, la maggior parte degli immigrati si trova in Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Piemonte.
Ma gli immigrati hanno un basso livello di istruzione e sono tutti disoccupati
Possiamo misurare il livello di competenze degli immigrati attraverso il livello di istruzione. I dati mostrano che il livello di istruzione degli immigrati in Italia è in media più basso rispetto alla popolazione italiana ma anche rispetto alla popolazione immigrata in altri paesi dell’Unione Europea che invece attraggono immigrati con livelli di istruzione maggiore. I numeri ci dicono che il 50% degli immigrati in Italia ha un livello di istruzione sotto il diploma di scuola superiore.
Ma come mai l’Italia attrae immigrati meno istruiti rispetto agli altri paesi europei? Uno studio recente mostra che i paesi con più alte percentuali di nativi con istruzione terziaria (i.e. laurea) riescono ad attrarre immigrati più istruiti. 2 Considerando il caso italiano, risulta chiaro il collegamento: l’Italia si colloca agli ultimi posti per quanto riguarda la popolazione con una laurea, che risulta essere solo il 20%, e lo stesso vale per gli immigrati in Italia, paese in cui solo il 14% della popolazione immigrata è laureata, la percentuale più bassa tra tutti i paesi europei.
Questi dati potrebbero suggerire quindi una correlazione tra il livello di istruzione nella popolazione nativa e quella immigrata. Perché? Una possibile spiegazione potrebbe essere quella dei rendimenti delle competenze. Quanto vengono remunerati i lavoratori con alti livelli di istruzione? In Italia poco, per lo stesso motivo immigrati con alti livelli di istruzione preferiscono non fermarsi in Italia perché il mercato del lavoro non remunera abbastanza le loro competenze.
Ma veramente gli immigrati entrano in modo irregolare in Italia?
I cittadini che arrivano da paesi dell’Unione Europea (i.e. comunitari) non hanno bisogno di permessi di soggiorno o di lavoro per vivere e lavorare in Italia perché l’Italia fa parte dell’area Schengen. Per quanto riguarda i cittadini non comunitari, questi ultimi possono vivere in Italia solo con permesso rilasciato per motivi diversi, come il lavoro, il ricongiungimento familiare, dallo stato italiano e la cui durata varia nel tempo. È importante però dire che il canale di ingresso per lavoro, pur essendo il più interessante per la nostra economia, si è chiuso sempre di più negli anni, in quanto sono diminuiti i permessi di lavoro concessi. Gli immigrati hanno però cercato altre soluzioni di entrata, come la richiesta di asilo oppure, purtroppo, la strada dell’irregolarità. E’ importante sottolineare che la maggioranza degli immigrati in Italia risulta comunque entrare regolarmente, anche se la chiusura del canale del lavoro negli anni ha portato sempre più persone ad entrare irregolarmente. Questo canale però risulta subottimale per il nostro paese sia dal punto di vista fiscale e delle finanze pubbliche sia dal punto di vista della sicurezza per i cittadini. Un immigrato irregolare lavora in nero, e non paga tasse e contributi pur avendo accesso ai servizi pubblici come l’istruzione e la sanità e ha una maggiore propensione a delinquere
Referenze
1 Alesina, A., Miano, A., & Stantcheva, S. (2022). Immigration and Redistribution. The Review of Economic Studies, 90(1), 1–39
2 Frattini Tommaso, Solmone, Irene (2022), 6th Migration Observatory Report, Immigrant Integration in Europe https://dagliano.unimi.it/wp content/uploads/2022/09/Obs_Mig_6_Annual_Report.pdf
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